AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE n. 4/2021
Cons. Stat., sez. V, sent. n. 2260/2021: i chiarimenti resi dalle stazioni appaltanti non possono integrare o modificare la lex specialis.
I chiarimenti forniti dalla stazione appaltante, in ordine al contenuto del bando e degli atti allegati, sono ammissibili purché non modifichino la disciplina dettata per lo svolgimento della gara, avendo i medesimi una mera funzione di illustrazione delle regole già formate e predisposte dalla disciplina di gara.
Al contrario, l'ammissibilità dei chiarimenti va esclusa allorquando, mediante l'attività interpretativa, si giunga ad attribuire ad una disposizione del bando un significato ed una portata diversa o maggiore rispetto a quella che risulta dal testo.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato nella sentenza in commento, che ha confermato la pronuncia con cui il TAR Molise aveva respinto la domanda con la quale un'impresa aveva chiesto l'annullamento dei chiarimenti pubblicati dal Comune di Termoli in riferimento alla procedura aperta indetta per l'affidamento di un project financing. Gara alla quale l'impresa non aveva partecipato.
L'impresa aveva impugnato la sentenza di primo grado sostenendo che i chiarimenti forniti dal Comune avrebbero modificato la lex specialis, “introducendo prescrizioni tali da rendere impossibile la formulazione di un'offerta puntuale e consapevole”.
Argomentazioni che non hanno colto nel segno. In primis, il Consiglio di Stato ha ritenuto i chiarimenti del Comune confermativi del bando di gara (“i chiarimenti hanno semplicemente ribadito [la] lex specialis”), sicché ne ha escluso l'impugnabilità alla luce dell'orientamento giurisprudenziale a mente del quale:
- i chiarimenti non sono suscettibili di impugnazione quando la stazione appaltante non modifica né integra il bando, né altera il contenuto ma semplicemente fornisce delucidazioni di carattere interpretativo in modo da rendere pienamente comprensibile ciò che già era prescritto in modo non intellegibile dalla lex specialis circa i requisiti di ammissione alla gara (cfr. Cons. Stato, Sez. III: sentenza 7 febbraio 2018, n. 781 e sentenza 1 febbraio 2017, n. 431);
- non è legittimato ad agire in giudizio l'operatore economico che non abbia presentato la domanda di partecipazione alla gara, salvo che in tre ipotesi tassative e, cioè, quando: 1) si contesti in radice l'indizione della gara;
2) all'opposto, si contesti che una gara sia mancata, avendo l'amministrazione disposto l'affidamento in via diretta del contratto;
3) si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti (Cons. Stato, Ad. Plenaria, n.4 del 2018) come: le regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (Cons. Stato, Ad. Plenaria, n. 3 del 2001); le disposizioni abnormi/ irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara ovvero che prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta (Cons. Stato, Sez. V, sentenza 24 febbraio 2003, n. 980); le condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (Cons. Stato, Sez. V, sentenza 21 novembre 2011, n. 6135; Cons. Stato sez. III, sentenza 23 gennaio 2015, n. 2930).
Inoltre, il Consiglio di Stato ha respinto la tesi secondo cui il TAR avrebbe dovuto dichiarare la nullità degli atti di gara per violazione della normativa euro-unitaria. Ha richiamato, infatti, il risalente indirizzo in base al quale “la violazione del diritto comunitario va qualificata quale vizio di illegittimità e non di nullità e, come tale, andrebbe fatto valere entro il termine decadenziale della pubblicazione del bando”.
TAR Campania, sez. I, sent. n. 697/2021: la verifica sull’anomalia dell’offerta spetta al RUP.
Il giudice campano chiarisce importanti aspetti del procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta, quanto a competenza, distinguendo, inoltre, tra la verifica imposta dalla norma (art. 97, co. 3, del Codice) al ricorrere delle condizioni ivi previste nell'appalto da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa e la verifica facoltativa (art. 97, co. 6, del Codice).
Secondo una delle doglianze del ricorrente, il sub-procedimento della verifica dell'anomalia sarebbe stato espletato scorrettamente, considerato che il RUP ha valutato i giustificativi presentati “senza avvalersi dell’apporto della Commissione, come prescritto dal bando (art. 24) e senza attivare il prescritto contraddittorio con l’impresa”. Il giudice non condivide il rilievo. In sentenza si ribadisce che in via generale il Codice dei Contratti (art. 31) affida la gestione del sub-procedimento in argomento alla stazione appaltante senza ulteriori specifiche, rammentando che al RUP compete una generale competenza residuale salvo specifiche previsioni della norma o della lex specialis di gara.
Nessuna norma, prosegue la sentenza, attribuisce questa competenza alla commissione di gara, che deve occuparsi della valutazione delle offerte ai fini dell'aggiudicazione dell'appalto.
È dalle linee guida ANAC n. 3 (dedicate al RUP) che si rinviene l'obbligo della verifica in capo al dominus del procedimento; mentre dall'orientamento giurisprudenziale consolidato emerge come sia in effetti “fisiologico che sia il RUP, in tale fase, ad intervenire con la propria funzione di verifica e supervisione sull'operato della commissione aggiudicatrice, in ordine alle offerte sospette di anomalia”.
In modo chiaro, il giudice traccia il distinguo tra le funzioni della commissione e quella del RUP “rimarcando che mentre la commissione deve soprattutto esprimere un giudizio sulla qualità dell'offerta, concentrando la propria attenzione sui suoi elementi tecnici, […] il giudizio di anomalia si concentra sull'offerta economica e, segnatamente, su una o più voci di prezzo considerate non in linea con i valori di mercato o, comunque, con i prezzi ragionevolmente sostenibili”.
Non solo, la valutazione della commissione di gara è compiuta “su base comparativa, dovendo i punteggi essere attribuiti attraverso la ponderazione di ciascun elemento dell'offerta, al contrario il giudizio di congruità o non congruità di un'offerta economica è formulato in assoluto, avendo riguardo all'affidabilità dei prezzi praticati ex se considerati”.
La conclusione, pertanto, è che spetta al RUP la valutazione della potenziale anomalia ed è sua la decisione in merito all'epilogo, mentre la commissione opera come mero supporto, da intendersi in termini di eventualità. Scelta, pertanto, che viene rimessa alla discrezionalità tecnica dello stesso responsabile unico del procedimento. Si tratta di un compito, quindi, che il RUP può delegare solamente quanto a conduzione istruttoria ma non anche nella decisione finale.
Il giudice si sofferma anche sulla distinzione tra la cosiddetta verifica facoltativa della congruità dell'offerta e la verifica obbligatoria “sulle offerte che presentano sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara [...] effettuato ove il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a tre”, in questo senso dispone il co. 3 dell'art. 97 . Il successivo co. 6, invece, prevede la verifica facoltativa, consentendo alla “stazione appaltante in ogni caso” di “valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”.
La seconda, che non può essere oggetto di un utilizzo vessatorio e - rimarca il giudice – “a differenza della verifica “obbligatoria”, quella cd. facoltativa è caratterizzata da una più ampia discrezionalità tecnica della stazione appaltante, che si estende anche all’an della verifica stessa”.
Si tratta di una opzione la cui attivazione prende avvio dalla circostanza che l'offerta faccia sorgere dei dubbi sulla sua sostenibilità sotto il profilo quanti/qualitativo.
TAR Sardegna, sez. II, sent. n. 75/2021: la spiegazione sulla scelta dell’affidatario, in un affidamento diretto, rappresenta un obbligo motivazionale generale.
Il giudice cagliaritano fornisce alcuni chiarimenti sulla esatta configurazione dell'affidamento diretto "emergenziale" (disciplinato dall'art. 1, co. 2, let. a), della legge n. 120/2020), anche in relazione all'annosa questione della motivazione e in tema di rotazione. Evidenziando, circa quest'ultima, come il RUP non debba avere un approccio "esasperato" in ordine alla sua applicazione e nella individuazione dei presupposti che ne impongono l'applicazione.
La sentenza in commento si sofferma, in modo efficace, sulla questione del nuovo micro sistema introdotto dal d.l. n. 76/2020, per annotarne l'esaustività/autosufficienza. Il giudice segnala che la specifica disciplina configura un micro intervento autosufficiente “che non necessita di stringenti formalità e sulla quale i principi generali non determinano particolari limiti”. Al verificarsi delle circostanze che la norma prevede, “dunque, si è in presenza di una ipotesi specifica di affidamento diretto, diversa e aggiuntiva rispetto alle ipotesi di procedura negoziata "diretta" prevista dall'articolo 63 del Codice dei contratti pubblici, che impone, invece, una specifica e dettagliata motivazione e l'assegnazione in modo perfettamente adesivo alle ipotesi predefinite dal legislatore”.
Se ricorrono i presupposti – importo di gara inferiore ai 75.000 euro per beni/servizi – “l'Amministrazione non ha l'obbligo di motivazione con riguardo alla ricorrenza di condizioni di urgenza o necessità”.
Sull'affidamento - e in questo si sostanzia l'importante indicazione istruttoria per i RUP - vi è “solo l’obbligo, sancito dall’art. 32 del codice di esporre le ragioni della scelta del contraente”. Si tratta di un obbligo generale – che costituisce passaggio indefettibile per ogni azione amministrativa – e, nel caso di specie, “non determina che l’affidamento diretto si tramuti in una procedura competitiva”.
Il Comune, si legge ancora nella sentenza, ha attivato “una procedura più che trasparente: un normale ordine di acquisto (Oda) sul Mepa ritenendo di ricorrere, del tutto legittimamente, all’affidamento diretto data l’esiguità dell’importo, ben al di sotto della soglia massima consentita (servizi di importo inferiore a 75.000 €)”.
Il ragionamento deve indurre a concludere, quindi, che la motivazione sulla scelta dell'affidatario possa anche sostanziarsi nella corrispondenza/adeguatezza della prestazione rispetto ai desiderata della stazione appaltante. Fermo restando, naturalmente, la congruità del prezzo e il rispetto della rotazione.
Il giudice coglie l'occasione anche per soffermarsi sulla questione della rotazione – prima censura del ricorrente stante, a suo dire, la contiguità delle prestazioni rispetto al pregresso affidamento -, sottolineando che il presupposto applicativo, nel caso di aggiudicazione al pregresso affidatario, è che vi sia realmente una omogeneità “del servizio posto a gara rispetto a quello svolto dal soggetto nei cui confronti opera l'inibizione (Cons. Stato, Sez. V, 5 marzo 2019, n. 1524”. Nel caso di specie, questo dato era del tutto assente salvo, prosegue la sentenza, voler ritenere che la condizione di pregresso affidatario porti, questo soggetto, a “scontare una sorta di inibizione, una causa di esclusione da nuovi affidamenti, ogni qualvolta ci si trovi di fronte a servizi in qualche modo attinenti al precedente”.
Il RUP, quindi, deve sempre avere un approccio improntato alla massima ragionevolezza evitando “procedure estremamente macchinose anche quando è possibile operare utilizzando forme semplificate”.
In definitiva, occorre anche evitare di applicare la rotazione se non nei limiti in cui ciò risulti effettivamente imposto dalla successione delle prestazioni che si devono porre, per applicare l'alternanza, in continuità.
TAR Piemonte, sez. II, sent. n. 330/2021: nelle gare telematiche la stazione appaltante non può procedere all’esclusione del concorrente nel caso si sospetti un malfunzionamento della piattaforma.
Nelle gare telematiche il mancato completamento delle operazioni necessarie per la partecipazione alla procedura e la presentazione dell'offerta, dovuto a una non adeguata diligenza del concorrente, rappresenta un rischio che grava sul medesimo, comportando la relativa esclusione dalla gara. Le gare telematiche richiedono, infatti, l'osservanza, con la massima diligenza, delle prescrizioni contenute nel bando e nelle istruzioni operative, che rappresentano la migliore garanzia per un ordinato e trasparente svolgimento della procedura. Da ciò consegue che l'utilizzo negligente della piattaforma informatica non può che rimanere a carico del concorrente. Per evitare gli effetti negativi e la conseguente esclusione dalla gara, il concorrente deve dimostrare, con onere della prova a suo carico, che il mancato caricamento dei documenti sulla piattaforma informatica è stato dovuto a un oggettivo malfunzionamento del sistema, imputabile al gestore dello stesso.
Sono queste le affermazioni più significative contenute nella pronuncia del TAR Piemonte, il cui interesse deriva anche dal fatto della sempre maggiore diffusione che le procedure telematiche sono destinate ad avere.
Nel caso di specie, un ente appaltante aveva bandito una procedura aperta da svolgersi secondo modalità telematiche. All'esito della procedura, cui partecipavano 32 concorrenti, veniva disposta l'aggiudicazione a favore di un raggruppamento temporaneo di imprese. Tale aggiudicazione veniva contestata da un concorrente, che sosteneva di non avere potuto formulare la sua offerta a causa di un malfunzionamento della piattaforma telematica.
In particolare, il concorrente sosteneva che, dopo aver provveduto a caricare la documentazione amministrativa, il sistema non gli avrebbe consentito di caricare la propria offerta entro il termine prestabilito dal bando di gara. Da qui la proposizione del ricorso davanti al giudice amministrativo, fondato sulla ritenuta illegittimità del diniego della stazione appaltante alla riapertura del termine di presentazione dell'offerta, che avrebbe violato i principi del favor partecipationis.
Ai fini dell'inquadramento della fattispecie, il giudice amministrativo ricorda, in primo luogo, le regole della gara telematica bandita dalla stazione appaltante. Tali regole prevedevano che la procedura di caricamento e presentazione dell'offerta fosse articolata in più fasi. In una prima fase dovevano essere caricati a sistema, entro un termine predefinito, i documenti amministrativi. Successivamente, doveva essere inserita l'offerta economica, previa generazione dell'impronta digitale, entro un ulteriore termine. Una volta caricata tutta la documentazione richiesta nei termini indicati, era necessario confermare la propria partecipazione tramite l'apposito tasto, inderogabilmente entro il termine di scadenza della presentazione delle offerte.
A fronte di tali regole definite nel disciplinare di gara e nelle istruzioni operative, il ricorrente sosteneva di aver caricato la documentazione amministrativa entro il termine prescritto e di aver predisposto l'impronta digitale per la presentazione dell'offerta economica. Tuttavia, dopo tale ultima operazione il sistema non avrebbe reso disponibile alcun passaggio che consentisse l'avanzamento o la conferma della partecipazione, generando solo un messaggio con cui veniva indicata una finestra temporale per la presentazione dell'offerta. Inoltre, una volta scaduto il termine di presentazione delle offerte, la piattaforma generava un ulteriore messaggio con cui avvertiva il concorrente che la partecipazione non era stata confermata e che, di conseguenza, non era più possibile presentare l'offerta.
Il concorrente comunicava l'accaduto alla stazione appaltante, denunciando il malfunzionamento del sistema che non avrebbe reso possibile la presentazione dell'offerta e chiedendo, quindi, la riapertura del relativo termine. La stazione appaltante a sua volta, dopo aver consultato il gestore della piattaforma, replicava che non erano stati rilevati malfunzionamenti o anomalie del sistema, evidenziando che dagli accertamenti effettuati risultava che l'impossibilità di presentare l'offerta sarebbe derivata dal mancato perfezionamento di una specifica fase indicata nelle istruzioni operative, e cioè l'omessa conferma della partecipazione, imputabile esclusivamente al concorrente che, una volta predisposta l'impronta digitale, non avrebbe cliccato il tasto che avrebbe consentito il passaggio alla fase successiva.
Sulla base di questo quadro di regole, le censure mosse dal ricorrente sono state respinte dal giudice amministrativo. Per giungere a questa conclusione la pronuncia in commento ripercorre, anzitutto, i principi fondamentali in tema di gare telematiche sanciti dalla giurisprudenza consolidata.
In primo luogo, non si può sancire l'esclusione di un concorrente se lo stesso abbia provveduto al caricamento della documentazione entro il termine indicato dal disciplinare senza, tuttavia, riuscire a finalizzare l'invio a causa di un malfunzionamento del sistema imputabile al gestore della piattaforma. Inoltre, “se è oggettivamente impossibile stabilire con certezza se vi sia stato un errore del concorrente ovvero un vizio del sistema il pregiudizio ricade sull'ente appaltante, che non può procedere all'esclusione del concorrente”. Ciò, a meno che lo stesso ente appaltante non abbia fornito la prova dell'inesistenza del malfunzionamento, attraverso report tecnici idonei a ricostruire l'effettiva interazione tra concorrente e sistema.
Nel caso di specie, il giudice amministrativo ha rilevato che il concorrente non ha fornito neanche un inizio di prova del malfunzionamento del sistema. Anzi, dalla ricostruzione fornita dallo stesso concorrente, confermata dalle verifiche operate dall'ente appaltante, emerge un evidente difetto nel comportamento del primo, idoneo a legittimare la decisione dell'ente appaltante di non riaprire i termini di presentazione dell'offerta. Infatti, il concorrente, dopo aver caricato la documentazione e aver generato l'impronta digitale, ha omesso di confermare la propria partecipazione, lasciando quindi trascorrere il termine indicato per la presentazione dell'offerta senza avervi provveduto.
In sostanza, il concorrente ha colpevolmente omesso di effettuare un passaggio necessario per il completamento della procedura, cioè la conferma di partecipazione, la cui imprescindibilità risultava evidente dalla documentazione di gara, che chiaramente indicava che dopo il caricamento della documentazione richiesta era necessario “confermare la propria partecipazione tramite l'apposito tasto, inderogabilmente prima del termine di scadenza”.
Alla luce di tale comportamento non è ipotizzabile configurare un affidamento incolpevole in capo al concorrente, poiché la documentazione di gara rendeva evidente che vi erano tutti gli elementi per potere verificare l'esistenza di una serie di passaggi procedurali ineludibili da assolvere, che, invece, il concorrente ha colpevolmente omesso.
Il concorrente va qualificato come operatore professionale cui è richiesto un grado di diligenza specifico e non meramente ordinario che, se correttamente utilizzato, avrebbe agevolmente consentito di verificare che, nel caso di specie, non era stato correttamente assolto il passaggio procedurale relativo alla conferma di partecipazione. La conclusione è che il concorrente non poteva invocare l'affidamento incolpevole, essendosi verificata una disfunzione imputabile esclusivamente a un suo errore procedurale, che non può che ricadere nella sua sfera giuridica.