Rubrica di aggiornamento giurisprudenziale n. 1/2021
TAR Lombardia, sez. I, sent. n. 252/2021: in un appalto integrato il progettista incaricato va qualificato come professionista esterno e non come concorrente.
Con la sentenza in commento, il TAR Milano ha avuto modo di esplicitare quanto già avanzato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di stato.
Nello specifico, ha ribadito che, in un appalto integrato, per la progettazione e la realizzazione dell’opera, il progettista indicato in sede di partecipazione alla gara non riveste la qualifica di concorrente, bensì quella di collaboratore esterno. Ciò trae con se, secondo i giudici, due fondamentali conseguenze: 1) il progettista non può ricorrere all’istituto dell’avvalimento, strumento, questo, riservato esclusivamente ai concorrenti; 2) può essere sostituito, in qualunque momento, dall’impresa concorrente, senza che ciò determini la mutazione soggettiva del soggetto partecipante (come avverrebbe, ad esempio, per un RTP).
A mente del citato arresto, “Diversa sorte invece merita il secondo motivo di ricorso, diretto verso la determinazione di rigetto della richiesta di sostituzione del progettista indicato. Il motivo è infatti fondato, anche alla luce dell’approdo cui è recentemente pervenuta la giurisprudenza (cfr. Ad. Plen. n. 13/2020). Il punto centrale da cui prendere le mosse è la qualificazione giuridica del progettista indicato, tema sul quale si sono fronteggiate due posizioni interpretative, sviluppatesi in relazione alla questione della possibilità per il professionista di ricorrere all’istituto dell’avvalimento per sopperire alla mancanza dei requisiti prescritti dalla legge di gara. Muovendo dall’assunto che l’avvalimento è istituto riservato in esclusiva ai soggetti che rivestono la qualità di concorrenti nella gara e rappresenta una deroga rispetto al principio di personalità dei requisiti di partecipazione alla gara (Cons. Stato, Sez. V, 13 marzo 2014, n. 1251; Cons. Stato, Sez. IV, 24 maggio 2013, n. 2832; Cons. Stato, Sez. VI, 2 maggio 2012, n. 2508), un primo orientamento, risultato maggioritario (cfr. per tutte Cons. Stato, Sez. III, sent., 7 marzo 2014, n. 1072; Cons. Stato, Sez. VI, 21 maggio 2014, n. 2622), ha escluso la possibilità che il progettista indicato possa ricorrere all’istituto dell’avvalimento, essendo un mero prestatore d’opera professionale che non entra a far parte della struttura dell’operatore economico concorrente che si avvale della sua collaborazione. Un secondo orientamento, comunque minoritario (cfr. Cons. Stato Sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4929), ha invece legittimato il ricorso all’avvalimento da parte del progettista indicato, facendo rientrare anche il professionista in una nozione ampia di concorrente. In ragione della difformità tra le posizioni assunte dalla giurisprudenza sul tema dell'avvalimento da parte del progettista indicato, il Consiglio di Stato con ordinanza n. 2331 del 9 aprile 2020, ha ritenuto di rimettere la questione all'esame dell'Adunanza Plenaria, ai sensi dell'art. 99, comma 1, c.p.a. Con la decisione n. 13/2020 l’Adunanza Plenaria, confermando la posizione maggioritaria della giurisprudenza, ha affermato che il progettista indicato va qualificato come professionista esterno incaricato di redigere il progetto esecutivo, pertanto non rientra nella figura del concorrente né tanto meno in quella di operatore economico, nel significato attribuito dalla normativa interna e da quella dell’Unione europea in tema di contratti pubblici. Sicché il progettista indicato non rientra tra i soggetti legittimati a ricorrere all'istituto dell'avvalimento. La qualificazione del progettista indicato come di un soggetto diverso dai concorrenti alla procedura porta con sé ulteriori necessarie conseguenze. Non essendo un offerente, ma un collaboratore del concorrente, deve ritenersi possibile la sostituzione del progettista indicato con altro professionista, non incorrendosi in una ipotesi di modificazione dell’offerta né di modificazione soggettiva del concorrente, come invece ritenuto dalla stazione appaltante con il provvedimento impugnato. D’altro canto escludere in via automatica il concorrente per una carenza riscontrata in capo a soggetto allo stesso estraneo costituisce un esito contrario ai principi comunitari di cui all’art. 57 comma 3 della Direttiva UE 2014/24, ed in particolare a quello di proporzionalità (cfr. in proposito Corte di Giustizia Europea 30 gennaio 2020, in causa C-395/2019). Sotto tale profilo il riferimento, di cui al provvedimento impugnato, alla non previsione nella lex specialisdell’ipotesi di sostituzione del progettista è irrilevante, operando l’eterointegrazione della legge di gara con i principi di matrice europea e i principi generali dell’ordinamento interno. L’applicazione del principio di proporzionalità, nella fattispecie di cui è causa, consente di scongiurare il rischio che il concorrente possa subire incolpevolmente le conseguenze di violazioni imputabili non a sé, ma a soggetto esterno, del quale potrebbe non avere il pieno controllo, a fortiori quando ciò avviene automaticamente, ovvero senza che l'amministrazione aggiudicatrice, secondo quanto rilevato dalla Corte di Giustizia, abbia "la facoltà di valutare, caso per caso, le particolari circostanze del caso di specie", e l'operatore economico sia messo in grado di "dimostrare la propria affidabilità malgrado la constatazione di detta violazione" (cfr. in materia di subappalto Cons. Stato sez. V, 19 ottobre 2020, n.6305). Alla luce delle considerazioni esposte appare illegittima la determinazione della stazione appaltate di negare, in via astratta, la sostituzione del progettista indicato dalla ricorrente. In relazione a tale contenuto il provvedimento del 18 maggio 2020 impugnato in questa sede va annullato”.
TAR Lazio, sez. I, sent. n. 654/2021: anche gli enti senza scopo di lucro possono partecipare alle gare.
Le Fondazioni private senza scopo di lucro che svolgono attività inquadrabili, anche in senso ampio, nei servizi di ingegneria possono partecipare alle relative procedure di gara per l'affidamento degli stessi. Non può, infatti, considerarsi preclusiva l'elencazione contenuta all'articolo 46 del d.lgs. n. 50/2016, che indica i soggetti che possono partecipare alle gare per l'affidamento dei servizi di ingegneria, individuandoli esclusivamente nei professionisti singoli e associati, nelle società tra professionisti, nelle società di ingegneria e nelle forme associative tra tali soggetti.
Tale elencazione non può, infatti, legittimare l'esclusione dalle gare di soggetti diversi da quelli elencati, anche alla luce del pronunciamento del giudice comunitario che ha ritenuto non conforme alla direttiva UE una norma nazionale che sancisca il divieto di partecipazione alle gare di soggetti privati non aventi scopo di lucro.
Sono queste le affermazioni dei giudici nella sentenza in commento, che ha, quindi, sancito in via definitiva la possibilità per gli enti privati anche senza scopo di lucro di partecipare alle gare per l'affidamento dei servizi di ingegneria e di rendersi titolari dei relativi incarichi.
Nel caso al vaglio del TAR, una Fondazione di diritto privato senza scopo di lucro, costituita ai sensi dell'articolo 14 c.c., prevede come oggetto statutario lo svolgimento di attività di studio delle catastrofi naturali, pianificazione, gestione e monitoraggio dell'ambiente e del territorio, protezione civile e ambientale. In quest'ambito, la Fondazione svolge funzioni di protezione civile e di pianificazione/zonizzazione del territorio, nonchè di gestione del rischio sismico.
Ai fini del perseguimento delle sue finalità statutarie, la Fondazione ha manifestato la volontà di partecipare alle procedure di gara indette da amministrazioni locali per l'affidamento del servizio di classificazione del territorio in base al rischio sismico.
In quest'ottica, ha trasmesso all'ANAC il modulo per essere iscritta nell'elenco tenuto dalla stessa, ai sensi dell'art. 46 del d.lgs. n. 50, relativo ai soggetti ammessi a partecipare alle gare per l'affidamento dei servizi di ingegneria e architettura.
A fronte di tale istanza l'ANAC ha risposto che le Fondazioni non rientrano tra i soggetti indicati al richiamato art. 46 e che, quindi, non poteva procedere alla relativa iscrizione nell'elenco.
Questa nota dell'ANAC è stata ritenuta dalla Fondazione immediatamente lesiva di un proprio interesse, in quanto, nei fatti, rappresentava un ostacolo alla partecipazione della stessa alle gare per l'affidamento dei servizi di ingegneria e, per quanto di specifico interesse, del servizio di classificazione sismica del territorio.
La Fondazione ha, dunque, proposto ricorso davanti al giudice amministrativo per chiedere l'annullamento della nota dell'ANAC.
L'argomento fondamentale posto alla base del ricorso è che l'art. 46 del d.lgs. n. 50 deve essere letto alla luce dell'ordinamento comunitario e, quindi, tenendo presente la nozione di operatore economico accolta dal considerando n. 14 e dall'art. 2 della Direttiva UE 2014/24. Tale nozione, molto ampia, ricomprende tutti i soggetti che offrono la prestazione di lavori, forniture e servizi sul mercato, a prescindere dalla forma giuridica che rivestono nei singoli ordinamenti nazionali. In base a tale nozione, quindi, la partecipazione alle gare per l'affidamento di appalti pubblici deve essere consentita a tutti i soggetti che in base al diritto interno sono in possesso della qualificazione professionale per eseguire le relative prestazioni.
Anche sulla base di queste considerazioni, il giudice amministrativo ha sollecitato l'intervento del giudice comunitario, chiamandolo a pronunciarsi sulla questione se una norma nazionale che ammette la partecipazione alle gare per l'affidamento dei servizi di ingegneria e architettura dei soli soggetti costituiti in forme giuridiche predeterminate e puntualmente indicate dal legislatore sia da considerarsi in contrasto con le norme comunitarie che regolano tale profilo.
In via preliminare l'ANAC ha sostenuto che non aveva alcuna specifica competenza a determinare l'esclusione di operatori dalle gare per l'affidamento dei servizi di ingegneria, in quanto il suo unico ruolo era quello della tenuta di un elenco delle società di ingegneria e professionali, che costituiva un mero strumento di consultazione senza alcuna efficacia vincolante.
In sostanza, secondo l'ANAC l'iscrizione a questo elenco non costituiva condizione necessaria per la partecipazione alle gare per l'affidamento dei servizi di ingegneria. Conseguentemente, alla nota della stessa Autorità di diniego dell'iscrizione non poteva essere attribuito alcun effetto lesivo della posizione del richiedente.
Il giudice amministrativo non ha, tuttavia, condiviso questa ricostruzione. Ha, infatti, rilevato che l'ANAC, nella sua nota, non ha evidenziato che il diniego di iscrizione della Fondazione nell'elenco dalla stessa tenuto non precludeva comunque la partecipazione alle gare per l'affidamento dei servizi di ingegneria. In questo modo la nota veniva ad assumere quasi una funzione di "certificazione" – proveniente dalla massima Autorità in materia di contratti pubblici - in ordine all'incapacità della Fondazione a partecipare a dette gare, idonea a influenzare anche il comportamento delle stazioni appaltanti.
Da qui, l'interesse della Fondazione a vedere riconosciuta l'illegittimità della nota ottenendone il conseguente annullamento.
Nel merito, il giudice amministrativo ha ritenuto fondato il ricorso.
La pronuncia ricorda, in primo luogo, come la Corte di Giustizia UE, chiamata a esprimersi in via pregiudiziale proprio in relazione alla controversia oggetto del ricorso, si è pronunciata con la sentenza dell'11 giugno 2020. In quella sede ha concluso che le disposizioni contenute all'art. 19 e all'art. 80 della Direttiva 2014/24, lette alla luce del considerando 14, devono considerarsi di ostacolo a una normativa nazionale che escluda per enti privati senza scopo di lucro la possibilità di partecipare a procedure di gara per l'affidamento di servizi di ingegneria.
È, infatti, incontestabile che il legislatore nazionale gode di discrezionalità nel decidere se autorizzare o meno determinati soggetti a svolgere specifiche prestazioni professionali e, in particolare, se tale autorizzazione vada o meno rilasciata a favore di enti senza scopo di lucro, la cui finalità principale è quella della didattica e della ricerca. Tuttavia, se la scelta va nel senso di ammettere che tali enti possano operare sul mercato, non è possibile che sia preclusa la loro partecipazione alle gare per il solo fatto che sono costituiti in forma giuridica privatistica.
Ciò anche alla luce della nozione di operatore economico accolta dal legislatore comunitario che, secondo quanto espressamente specificato nel considerando 14 della Direttiva 2014/24, deve essere intesa in senso ampio, comprensiva quindi di qualunque ente o persona attiva sul mercato, a prescindere dalla forma giuridica attraverso la quale abbia scelto di operare.
La conseguenza è che qualunque operatore economico che è abilitato a svolgere determinate prestazioni in base all'ordinamento nazionale non può essere escluso dalla partecipazione alle gare per l'affidamento di dette prestazioni sulla base di una mera presunzione secondo cui altri soggetti sarebbero maggiormente affidabili, in quanto svolgono le stesse secondo criteri di tipo professionale e non in maniera occasionale.
La conclusione necessaria di questo ragionamento è che l'art. 46 del d..lgs. n. 50, in cui vengono elencati in maniera tassativa i soggetti che possono rendersi affidatari dei servizi di progettazione, deve ritenersi in contrasto con le norme comunitarie nella misura in cui non ricomprende in tale elenco soggetti che, pur non essendo società di professionisti o di ingegneria, siano in grado di fornire servizi di architettura e di ingegneria, ancorché senza fini di lucro.
Tale elenco va, quindi, disapplicato, con la conseguenza di ammettere alle gare anche soggetti non ricompresi in detto elenco, quali appunto le fondazioni private non aventi fini di lucro.
Il giudice amministrativo ha, peraltro, dato un'indicazione anche in relazione ai contenuti del d.m. n. 263 del 2016, che contiene i requisiti che devono essere posseduti dai soggetti che intendono partecipare alle gare per l'affidamento dei servizi di architettura e ingegneria. Poiché tale indicazione si riferisce esclusivamente ai soggetti elencati all'art. 46, e tenuto conto che, alla luce di quanto detto, tale elencazione non può considerarsi tassativa, la stessa va integrata nel senso che il d.m. dovrà specificare anche i requisiti che devono essere posseduti dagli altri enti astrattamente idonei a partecipare alle suddette gare.
TAR Puglia, sez. II, sent. n. 113/2021: l'esclusione automatica prevista dal d.l. Semplificazioni non è obbligatoria se non prevista negli atti di gara.
La previsione emergenziale (art. 1, co. 3, l. n. 120/2020) sull'esclusione automatica non può ritenersi di obbligatoria applicazione e può essere applicata solo se la lettera di invito la preveda espressamente. Lo ha deciso il Tar Puglia con in commento.
Il giudice pugliese ha affrontato un tema di particolare attualità, ovvero il grado di intensità della previsione dell'esclusione automatica delle offerte anomale, negli appalti sotto soglia aggiudicati al minor prezzo, che il cosiddetto d.l. semplificazioni (d.l. n. 76/2020 e legge di conversione n. 120/2020) sembra aver generalizzato e reso obbligatoria con l'art. 1, co. 3.
Una stazione appaltante nella lettera di invito non aveva fatto alcuna menzione di questa prerogativa, pertanto, dopo un primo momento in cui aveva applicato la previsione in argomento, ha proceduto in autotutela ad annullare il provvedimento di estromissione proprio per la mancata esplicita previsione nella legge di gara.
L'annullamento è stato immediatamente impugnato per violazione della norma della l. n. 120/2020. La paventata illegittimità, però, non è stata condivisa dal giudice.
La questione posta è se si possa esigere “dall'impresa partecipante alla gara un grado di conoscenza della normativa di riferimento, anche quando la stessa non sia stata previamente richiamata nel bando di gara”.
Con riferimento a differenti approdi giurisprudenziali (ad esempio la Corte di Giustizia, sent. n. C-27/15), il giudice ha rammentato che “il principio di parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all'esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo” che non sia espressamente richiamato negli atti di gara.
In sostanza, la Corte di Giustizia ha evidenziato che il principio di parità di trattamento impone che tutti gli operatori partecipanti alla competizione “dispongano delle stesse possibilità nella formulazione delle loro offerte e implica, quindi, che queste offerte siano soggette alle medesime condizioni per tutti gli offerenti”. Ed è proprio l'obbligo di trasparenza che costituisce baluardo contro favoritismi e arbitrio da parte delle stazioni appaltanti.
Al RUP, pertanto, è imposto l'obbligo di chiarire “tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione” e queste devono essere formulate “in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d'oneri, così da permettere, […] a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l'esatta portata e d'interpretarle allo stesso modo”. Ponendosi, in questo modo, anche nella condizione “di verificare effettivamente se le offerte degli offerenti rispondano ai criteri che disciplinano l'appalto”.
In ossequio alle indicazioni comunitarie la stessa Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 19/2016, pur per altra questione, ha rimarcato “che le condizioni sostanziali e procedurali relative alla partecipazione a un appalto” debbono essere “chiaramente definite in anticipo e rese pubbliche, in particolare gli obblighi a carico degli offerenti, affinché questi ultimi possano conoscere esattamente i vincoli procedurali ed essere assicurati del fatto che gli stessi requisiti valgono per tutti i concorrenti”.
Su queste premesse, quindi, diventa ovvia la conclusione della sentenza in cui è sottolineato che “in presenza di una lex specialis che nulla disponeva quanto all'automatismo espulsivo” non è dato il potere al RUP di “disporlo in via diretta e immediata” anche in presenza di una norma di legge (come quella della legge 120/2020) tutto sommato chiara.
Se ciò accadesse, l'azione amministrativa finirebbe con il porre “ingiustificati ostacoli al principio di massima partecipazione alle gare, da sempre predicato dal giudice eurounitario”.
La decisione ha una evidente conseguenza, ovvero che la norma sull'esclusione automatica (avversata dall'ANAC, in quanto in contrasto con il diritto comunitario, con il documento del 3 agosto di commento al d.l. n. 76/2020), introdotta per velocizzare/semplificare lo svolgimento della procedura di gara e giungere quanto prima alla stipula del contratto, non rappresenta un obbligo e il suo mancato esplicito richiamo nella legge di gara la rende inapplicabile.
Per completezza, comunque, è opportuno far menzione di una sentenza di segno parzialmente contrario.
Il TAR Piemonte, sez. I, con la sentenza n. 736/2020, ha affrontato una fattispecie parzialmente simile, statuendo, però in modo diametralmente opposto.
Invero, il giudice torinese ha ritenuto pienamente legittima l’esclusione automatica di un partecipante, ancorché nella lettera di invito non fosse prevista l’esclusione automatica ai sensi dell’art. 1, co. 3, del d.l. n. 76. Ciò in quanto, a differenza dal caso esaminato dal TAR Puglia, nella determina a contrarre (primo atto della procedura di gara) la Stazione Appaltante affermava esplicitamente che la procedura era indetta ai sensi del d.lgs. n. 50/16 e del d.l. n. 76/2020.
Su tal differenza (apparentemente piccola ma sostanziale) il giudice ha fondato la propria decisione. Ed invero, sul punto, “Quanto alla conoscibilità della complessiva documentazione afferente la gara occorre precisare che: da un lato è corretto, come sostenuto dalla ricorrente, che la lettera di invito non menzionava esplicitamente il d.l. n. 76/2020, né era esplicita con riferimento all’applicazione di meccanismi di esclusione automatica, dall’altro, tuttavia, come sostenuto dall’amministrazione, la lettera di invito richiamava esplicitamente la determinazione dirigenziale n. 412/2020, la quale ultima era visibile sulla parte del sito dell’amministrazione dedicata all’amministrazione trasparente; tale determinazione, come visto, richiamava tanto il d.lgs. n. 50/2016 quanto il d.l. n. 76/2020.
Era dunque ben possibile per ogni concorrente, semplicemente accedendo a tutta la documentazione afferente la gara, comprendere quale ne fosse la disciplina e soprattutto comprendere che la gara intendeva porsi nell’alveo della disciplina derogatoria dettata dal d.l. n. 76/2020, da considerarsi fisiologicamente nella sua interezza”.
Alla luce di quanto detto, stante la novità della norma e la giurisprudenza non ancora consolidatasi sul punto, può presumersi che, ove nessun atto di gara faccia riferimento al d.l. n. 76, non possa operare l’esclusione automatica. Diversamente, anche il generico richiamo all’intero decreto legge (senza una esplicita menzione dell’art. 1, co.3) può costituire una legittima ragione per la stazione appaltante per procedere all’esclusione automatica.
Avv. Riccardo Rotigliano
Avv. Giuseppe Acierno