RUBRICA AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE n. 1/2023
Nota ANAC del 17/01/2023: nelle gare di progettazione è illegittimo chiedere la prova di servizi analoghi in un arco temporale ristretto.
Tra i criteri di valutazione dell'offerta tecnica, nei bandi di progettazione, è illegittimo inserire un limite temporale alle esperienze pregresse utili a dimostrare la capacità del concorrente di realizzare la prestazione oggetto dell'appalto. Le esperienze pregresse devono essere riferite all'intera vita professionale, non ad un periodo circoscritto; ciò, nel rispetto del principio della massima concorrenza. È quanto stabilito dall’ANAC, nella nota in commento, a seguito di un esposto avanzato dall’OICE.
La segnalazione riguardava la procedura aperta per l'affidamento della redazione di un progetto di fattibilità per la realizzazione di un nuovo ponte sul Po’, per un importo a base gara di 1.146 milioni di euro.
Nel bando della Provincia di Parma, tra i criteri di valutazione veniva richiesta la “descrizione di tre servizi di progettazione svolti negli ultimi quindici anni relativi ad interventi affini a quello oggetto della gara, e ritenuti significativi della capacità professionale dell'operatore economico offerente”.
L'ANAC ha contestato all'Amministrazione la previsione di un limite temporale in contrasto con il Bando-tipo ANAC n. 3, sui servizi di progettazione. “Nel bando-tipo - infatti - non c'è alcun riferimento a limiti temporali per la valutazione del cosiddetto merito tecnico proprio per consentire ai concorrenti di poter indicare in sede di offerta i servizi relativi a interventi ritenuti significativi della propria capacità e affini a quelli oggetto dell'affidamento svolti lungo tutto l'arco dell'intera vita professionale. Per questo motivo nel Bando tipo n. 3 è stato eliminato qualsiasi riferimento temporale, ovvero i dieci anni previsti in passato, entro cui devono essere svolti i tre servizi idonei alla dimostrazione della professionalità del concorrente sulla base dell'esperienza pregressa”.
Per l'ANAC, “l'affidabilità e la professionalità dell'operatore viene già assicurata a monte attraverso la previsione, tra i requisiti di partecipazione alla procedura, di criteri di capacità tecnica professionale piuttosto stringenti e pertanto eventuali rischi di presentazione in offerta di esperienze "obsolete", in quanto troppo risalenti nel tempo della vita professionale del concorrente possono essere agevolmente superati in sede di valutazione”.
Per questi motivi, “la previsione di un ulteriore limite temporale dello svolgimento dei servizi tra i criteri di valutazione dell'offerta tecnica è un illegittimo restringimento della concorrenza”.
Ulteriore anomalia del bando, contestata alla Provincia di Parma, riguarda la previsione di criteri soggettivi nella valutazione dell'offerta tecnica, cioè di requisiti esperienziali, in violazione dell'art. 95 del Codice, secondo cui l'offerta economicamente più vantaggiosa deve essere valutata sulla base di criteri oggettivi quali gli aspetti qualitativi, ambientali, o sociali, connessi all'oggetto dell'appalto. Nel caso di specie, l'attribuzione di 23 punti per tali requisiti su un massimo di 70 incide in maniera rilevante sulla valutazione dell'offerta tecnica e, pertanto, è da ritenersi non conforme al Codice Appalti.
TAR Puglia, sez. II, sent. n. 42/2023: limiti al soccorso istruttorio integrativo anche nell'appalto al ribasso.
Anche nell'appalto da aggiudicarsi con il criterio del minor prezzo, il soccorso istruttorio integrativo può essere avviato solo per sanare carenze che non riguardino l'offerta tecnica o l'offerta economica, nonostante l'automatismo dell'assegnazione.
Il soccorso istruttorio integrativo (art. 83, co. 9, del Codice), ovvero la possibilità di inserire, correggere, rettificare dichiarazioni e/o documentazione amministrativa mancante all'atto della presentazione della domanda di gara, incontra precisi limiti, anche nel caso di appalto da aggiudicarsi al minor prezzo. Ovvero, nell'appalto caratterizzato dalla presentazione di una relazione tecnica che illustra il "prodotto/servizio" offerto e dalla proposta economica cui segue l'automatica assegnazione.
Nel caso di specie, e ciò ha costituito oggetto di censura innanzi al giudice, l'offerta non risultava accompagnata dai riferimenti tecnici necessari per associare la stessa al prodotto offerto e la Stazione Appaltante ha escluso il concorrente.
Il ricorrente ha evidenziato che la Stazione Appaltante avrebbe dovuto ricorrere, invece, al soccorso istruttorio per consentire di produrre le necessarie integrazioni all'offerta. Circostanza che ha impedito “di poterli collegare alle schede contenute nella documentazione tecnica presentata dalla ricorrente”.
La censura sulla mancata attivazione del soccorso istruttorio non ha persuaso il giudice, stante i limiti generali stabiliti dall'art. 83, co. 9, del Codice che, dal correlato perimetro applicativo, esclude nettamente la possibilità di sanare carenze “afferenti all'offerta economica ed all'offerta tecnica”.
In sentenza si ricorda che la Stazione Appaltante ha l'alternativa dell'esclusione o del soccorso, sostanzialmente, nella fase che precede l'esame dell'offerta tecnica ed economica, e, quindi, nella fase dedicata all'escussione della documentazione amministrativa. Successivamente, l'Amministrazione non può consentire integrazioni visto che “non può essere consentita al concorrente la possibilità di completare l'offerta successivamente al termine finale stabilito dal bando, salva la rettifica di semplici errori materiali o di refusi, impedendo così l'applicazione dell'istituto per colmare carenze dell'offerta tecnica al pari di quella economica (cfr. Cons. Stato, sez. V, sent. n. 1030 del 13 febbraio 2019)”. Il soccorso istruttorio integrativo, quindi, non può riguardare il contenuto dell'offerta tecnica ed economica, a pena di “determinare una violazione del principio di par condicio, oltre ad una evidente integrale alterazione del meccanismo di selezione della miglior offerta in gara”.
Pur vero, ammette il giudice, che l'interlocuzione tra l'Amministrazione e gli operatori economici è possibile e può essere attuata attraverso il soccorso istruttorio “anche nella fase successiva a quella amministrativa”; ciò è possibile, però, a condizione che risulti rigorosamente rispettato "il divieto di modificazione e/o integrazione postuma dell'offerta e nei soli casi di inesattezze ed imprecisioni dell'offerta causati dalla non chiara formulazione della lex di gara o da altra causa non imputabile al concorrente (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 2146 del 27 marzo 2020)”. Si tratta del cosiddetto soccorso istruttorio specificativo che, a differenza di quello integrativo, si estende in senso orizzontale fino a comprendere anche le offerte.
Nel caso di specie, però, le indicazioni tecniche, necessarie per poter ricollegare il prodotto offerto ai desiderata espressi nella legge di gara, avrebbero dovuto costituire parte dell'offerta pur non essendo oggetto di attribuzione di punteggio ma, comunque, condizione imprescindibile per poter assegnare l'appalto. Una correzione postuma avrebbe determinato la violazione dei principi di parità tra i concorrenti. Né si è reso necessario attivare forme di preavviso di rigetto visto che ai sensi dell'art. 21 octies della legge 241/1990, “il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
TAR Lombardia, sez. IV, sent. n. 212/2023: è illegittima la procedura di gara bandita da un Comune non capoluogo per l'appalto PNRR oltre le soglie consentite.
É legittimo l'annullamento della procedura d'appalto bandita da un Comune non capoluogo di provincia per aggiudicare un contratto finanziato con il PNRR/PNC di importo superiore alle soglie previste dall'art. 10 del d.l. n. 176/2022.
La Stazione Appaltante (Comune non capoluogo di provincia) si determinava con l'annullamento in autotutela del bando di gara finanziato ai sensi dell'art. 1, co. 139-bis, della l. n. 145 del 2018, poi riconfigurato/confluito come finanziamento PNRR, per i limiti imposti dall'art. 52 del d.l. n. 77/2021. Norma, questa, che limita l'autonomia dei Comuni non capoluogo circa l'aggiudicazione di appalti finanziati anche solo in parte dal PNRR/PNC.
I Comuni non capoluogo di provincia, più in dettaglio, in caso di affidamenti di importo pari o superiore a 139.000 euro, per beni/servizio, o lavori di importo pari o superiori a 150.000 euro, devono rivolgersi, per la fase dell'affidamento, a una stazione appaltante sovracomunale.
In pratica, l'appalto, ricorrendo le condizioni sopra declinate, ovvero finanziato anche in parte dal PNRR/PNC, deve essere espletato, su delega del Comune non capoluogo, dalla stazione appaltante dell'unione dei comuni, della provincia, della città metropolitana o dal comune capoluogo. In alternativa, la possibilità è quella di far espletare la gara da un soggetto aggregatore qualificato. Nel caso di specie, trattandosi di fondi poi confluiti nel PNRR, la procedura è stata espletata autonomamente dal Comune non capoluogo che, verificata la mancanza di legittimazione, ha provveduto con la revoca in autotutela. Revoca che è stata impugnata dall'unico partecipante alla procedura negoziata e, tra l'altro, dalla stessa escluso per carenze formali dell'offerta.
Il giudice ha ritenuto legittima la decisione di annullare le procedure bandite perché “non risultava più possibile per il predetto Comune bandire in autonomia le richiamate procedure”, dovendo lo stesso rivolgersi a una centrale di committenza o, comunque, a un soggetto idoneo, secondo la normativa.
La normativa di riferimento, come anticipato, è declinata nell'art. 52 del secondo decreto Semplificazioni (d.l. n. 77/2021) da cui emerge, alla luce delle indicazioni contenute nel d.l. n. 176/2022, art. 10, che i Comuni non capoluogo di provincia, per le soglie sopra ricordate, devono ricorrere “a una centrale di committenza, a una stazione unica appaltante, o a strutture simili, non potendo tali Enti procedere in autonomia alla celebrazione della gara”. Detto regime, prosegue il giudice, “deve applicarsi ai Comuni beneficiari che hanno avviato procedure di affidamento successivamente alla data di pubblicazione in G.U. del Decreto Ministeriale del 24 settembre 2021 (cfr. il citato Comunicato ministeriale del 17 dicembre 2021)”.
La decisione di procedere in autotutela era, dunque, inevitabile, data la carenza del potere di svolgere la fase pubblicistica, poiché risultava palesemente illegittima per contrasto con norme di legge e “comportando il rischio della perdita dei finanziamenti”. Pertanto, nessuna posizione di rilievo viene in essere per l'appaltatore partecipante alla gara, visto che l'annullamento ha riguardato una procedura non ancora aggiudicata in via definitiva “con la conseguenza che nessuna posizione di affidamento qualificato sussisteva in capo alla parte ricorrente e nessun obbligo di comunicare l'avvio del procedimento di annullamento incombeva sull'Amministrazione procedente”.
Occorre ricordare, infine, che proprio la l. n. 6/2023 (di conversione del d.l. n. 176/2022) prevede, al co. 2-ter dell'art. 10, una sorta di sanatoria per gli appalti banditi illegittimamente dai Comuni non capoluogo. Il comma in parola, in dettaglio, prevede che “sono fatte salve le procedure attuate dai comuni non capoluogo alla data del 31 dicembre 2022 senza l'osservanza delle modalità di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), secondo periodo, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55”.
Cons. Stat., sez. V, sent. n. 511/2023: limiti alla partecipazione del progettista in caso di conflitto di interessi per la tutela della concorrenza.
In capo al progettista che ha coadiuvato le fasi preliminari della gara l'onere di dimostrare che l'esperienza acquisita nell'espletamento dell'incarico di progettazione non abbia determinato un vantaggio, tale da falsare la concorrenza con gli altri operatori.
Con riferimento ad un appalto di servizi, un operatore economico, partecipante alla gara nella forma di associazione temporanea con altri operatori, ha avanzato ricorso censurando l'illegittima esclusione perpetrata nei suoi confronti dalla Stazione Appaltante a causa del non rispetto della previsione contenuta nell'art. 24, co. 7, del Codice.
Nel caso in esame, la decisione di esclusione traeva fondamento, secondo la Stazione Appaltante, dalla dichiarazione dell'operatore per cui si denotava come la società, sua socia di minoranza (30%), aveva espletato attività strumentali, di consulenza e di ausilio nell'ambito della progettazione delle opere oggetto di appalto. Pertanto, si configurava l'ipotesi ostativa all'ammissione alla procedura come previsto dalla norma citata.
La previsione richiamata dal Codice prevede, in linea generale, che “gli affidatari di incarichi di progettazione per progetti posti a base di gara” – rientrano nel caso anche le attività di supporto alla progettazione - non possono essere affidatari dei successivi appalti, né possono partecipare il soggetto controllato, controllante o collegato all'affidatario di incarichi di progettazione. Viene fatta salva la partecipazione laddove i soggetti indicati dimostrino che l'esperienza acquisita nell'espletamento degli incarichi di progettazione non è tale da determinare un vantaggio che possa falsare la concorrenza con gli altri operatori.
La ratio della previsione, già chiarita dalla giurisprudenza, è quella di evitare che nella fase di selezione dell'appaltatore dei lavori "sia attenuata la valenza pubblicistica della progettazione» di opere pubbliche, e che, quindi, gli interessi pubblici sottesi alla gara possano essere sviati a favore dell'interesse privato di un operatore economico, con la predisposizione di un progetto ritagliato ‘su misura' per quest'ultimo, anziché per l'amministrazione aggiudicatrice".
Se così non fosse, di fatto, la competizione per la successiva aggiudicazione dei lavori potrebbe risultare falsata “alla luce del maggior compendio tecnico-informativo disponibile al progettista a vantaggio dello stesso operatore”.
Sul tema, il Consiglio di Stato, alla luce della disamina della norma, nonché degli orientamenti giurisprudenziali consolidati, rammenta come il divieto in oggetto non sia da considerarsi assoluto e aprioristico, bensì richieda un necessario accertamento da eseguire nel caso concreto in ordine alla posizione di vantaggio goduta dal progettista. Un accertamento, dunque, che, salvo l'ipotesi di divieto partecipativo assoluto e aprioristico, conseguente all'avvenuta predisposizione del progetto, pone in capo al progettista partecipante l'onere della prova di non incorrere nel divieto posto dalla norma.
Con riguardo alla causa in oggetto, il Consiglio di Stato ha potuto constatare la sussistenza di elementi identificanti il rapporto tra il soggetto cosiddetto "progettista" e l'operatore economico escluso dalla gara di aggiudicazione dei lavori che possono riassumersi in particolare nei seguenti:
- la sussistenza di un rapporto di collegamento in base all'art. 2359 c.c. (l'operatore escluso è partecipato nella misura del 30% dalla società che ha svolto l'attività di supporto alla progettazione dei lavori messi a gara);
- la rilevanza significativa della prestazione eseguita dal progettista, in considerazione del fatto che la percentuale degli elaborati da quest'ultimo prodotti, rispetto alla complessiva documentazione tecnica di gara, è pari al 18%;
- l'approvazione degli stessi elaborati da parte del direttore tecnico, consigliere di amministrazione e socio della Società che ha eseguito l'attività preliminare di consulenza che precedentemente alla presentazione della domanda di partecipazione alla gara da parte dell'ATI, era anche consigliere di amministrazione della Società poi esclusa.
In particolare, fermo restando i rapporti appena indicati, il Consiglio di Stato ha potuto rilevare come parte dei documenti attinenti l'attività di consulenza svolta dal progettista – nel caso specifico la redazione di documenti attinenti all'offerta economica, di prezziari, delle liste delle lavorazioni e dei computi metrici dei lavori su cui si è fondata l'offerta presentata dall'operatore ricorrente – non è stata da quest'ultimo messa a disposizione di tutti gli offerenti partecipanti alla gara, provocando, di conseguenza, una evidente asimmetria informativa e, quindi, un danno concorrenziale nei confronti degli altri operatori (Linee guida Anac n. 1, p.to 2.2).
Di fatto, ritiene il Consiglio di Stato, se è vero che ciascun concorrente elabora la propria offerta economica sulla base delle proprie valutazioni, è parimenti vero che l'approfondita e preliminare conoscenza delle condizioni di mercato nelle quali essa si deve necessariamente innestare, conseguente alle informazioni come sopra reperite, non può non determinare un vantaggio nelle relative scelte.
Alla luce degli elementi valutati, singolarmente e nel loro complesso, il Consiglio di Stato ha ritenuto, in definitiva, che, nel caso in esame, il progettista abbia avuto accesso a informazioni rimaste riservate, acquisendo pertanto nell'occasione un patrimonio di conoscenze e informazioni idonee ad avvantaggiare la società collegata in sede di partecipazione di questa alla gara per l'affidamento dei lavori.
Dalla giurisprudenza oramai consolidata, la tutela della concorrenza deve necessariamente essere assicurata così come la parità di condizioni di partenza per tutti i potenziali concorrenti a una gara pubblica.